Alert ‘Carrello abbandonato’: quando preoccuparsi e cosa fare

illustrazione che raffigura un carrello con espressione triste su un wireframe di ecommerce

Il carrello abbandonato è quel passo mancante che fa tutta la differenza del mondo. Il cliente ha scelto il prodotto, ha valutato già il costo, ha considerato i tempi di spedizione e poi… niente. Questo rigore sbagliato è l’incubo di ogni gestore di e-commerce, ma c’è una buona notizia: se il carrello abbandonato sembra un’occasione persa, è perché a volte lo è, ma altre volte no. In fin dei conti, si tratta di un fenomeno estremamente comune e, soprattutto, di un’occasione recuperabile (spesso).

Capire perché gli utenti abbandonano il carrello e implementare le giuste strategie per riportarli all’acquisto può fare una differenza enorme sul tuo fatturato. Vediamo quindi quali sono i numeri di questo “fenomeno” e come recuperare quel cliente che “stava per… “, ma che alla fine non ha fatto niente.

La media (shock) dei carrelli abbandonati

Partiamo da un dato che fa riflettere: secondo le ricerche aggregate del Baymard Institute, fonte autorevole sull’usabilità e-commerce, il CAR, ossia il tasso medio di abbandono del carrello (Cart Abandonement Rate), si attesta online costantemente intorno al 70%. Sì, hai letto bene: 7 potenziali clienti su 10, dopo aver mostrato un interesse concreto aggiungendo prodotti al carrello, non completano l’acquisto.

Questo significa un’enorme quantità di vendite mancate per la maggior parte degli e-commerce, indipendentemente dal settore. Sebbene le percentuali possano variare tra industry o paesi (e ancora di più tra brand), il dato generale rimane incredibilmente alto e sottolinea l’urgenza di affrontare il problema.

Se l’interruzione del checkout è oltre i limiti del 70%, hai un grosso problema e devi intervenire. Tuttavia, anche se resti entro questo limite… perché lasciare andare via tanti potenziali acquirenti? È molto più facile recuperare loro, che portare nuovi utenti sul tuo e-commerce e convincerli a completare il percorso di acquisto.

Perché abbandonano il carrello? La classifica

Capire perché gli utenti se ne vanno è il primo passo per convincerli a tornare. Le cause sono molteplici, ma la ricerca del Baymard Institute identifica colpevoli ricorrenti, che in questo caso fanno riferimento al mercato statunitense, ma che ogni probabilità sono gli stessi che ritroveremmo anche presso altri pubblici. Al primo posto (39%) ci sono i costi extra inaspettati – spedizione, tasse, commissioni – che compaiono solo alla fine e creano frustrazione. Altre informazioni che spesso sono palesate alla fine e che costituiscono un freno importante sono i tempi di consegna troppo lenti (21%). Segue l’obbligo di creare un account ,un ostacolo per chi cerca rapidità e non vuole registrarsi.

Spesso, poi, il processo di checkout è semplicemente troppo lungo o complesso, richiedendo troppi passaggi o informazioni non chiare. Aggiungiamo a questo la mancanza di fiducia nella sicurezza del sito o nel fornire i dati di pagamento, problemi tecnici come siti lenti o errori, l’impossibilità di vedere il costo totale in anticipo, poche opzioni di pagamento disponibili e una politica di reso non chiara o sfavorevole, e il quadro dell’abbandono è completo. Conoscere queste ragioni ci aiuta a implementare le giuste contromisure. Nel dettaglio, ecco la “classifica degli abbandoni”, secondo la ricerca della Baynard aggiornata al 2025:

infografica sulle motivazioni del CAR

Come recuperare i carrelli: strategie efficaci

La buona notizia è che molti carrelli abbandonati possono essere recuperati, senza modificare la politica commerciale dell’azienda. Insomma, a meno di casi rari e molto mirati, non bisogna intervenire sui prezzi o sui tempi di spedizione. Partiamo prima di tutto da:

1. Email marketing automation: la regina del recupero

Lo strumento più potente per il recupero è senza dubbio l’email marketing automation. Una sequenza ben studiata, solitamente di una-tre email, inviata tempestivamente dopo l’abbandono (la prima idealmente entro poche ore) può fare miracoli.

L’oggetto deve catturare l’attenzione (es. “Hai dimenticato qualcosa?”), mentre il corpo dell’email dovrebbe includere un promemoria visivo dei prodotti lasciati nel carrello, un link diretto per tornare al checkout e una call to action chiara.

Valuta se inserire un piccolo incentivo, come uno sconto minimo o la spedizione gratuita, ma usalo con parsimonia. Aggiungere elementi di social proof, come le recensioni del prodotto, può ulteriormente aumentare l’efficacia. L’efficacia di queste email è comprovata anche da esperienze dirette dei nostri clienti. Nel caso di Madò HoReCa il solo workflow di recupero del carrello ha generato il +223% del fatturato.

2. Retargeting ads: il promemoria visivo

Oltre alle email, puoi usare il retargeting per mostrare annunci pubblicitari mirati (su Meta, Google Display Network, ecc.) agli utenti che hanno visitato il tuo sito e abbandonato il carrello. Questi annunci dovrebbero idealmente mostrare i prodotti specifici che l’utente aveva nel carrello o prodotti simili, magari con un messaggio che ricordi l’offerta o includa un piccolo incentivo per completare l’acquisto.

3. Altre tecniche di recupero (pop-up, notifiche, chat, sms)

Esistono altre tattiche complementari. Strategie on-site come i pop-up exit-intent possono offrire un ultimo incentivo (sconto, spedizione gratuita, aiuto via chat) prima che l’utente se ne vada effettivamente dalla pagina del carrello o del checkout; devono però essere ben progettati per non risultare fastidiosi. Se hai ottenuto il consenso, anche le notifiche push web/app o, con molta cautela, gli SMS, possono funzionare come promemoria. Infine, una live chat o un chatbot proattivo possono offrire assistenza durante un checkout che sembra bloccato o difficoltoso.

4. Prevenire è meglio: ottimizza il checkout

Tuttavia, la migliore strategia di recupero è la prevenzione. Lavora costantemente per ottimizzare il tuo processo di checkout rendendolo semplice e veloce. In generale, bisogna sempre assicurarsi che ogni processo sia ottimizzato per conversione.

Valuta attentamente se sia davvero opportuno obbligare alla creazione di un checkout (offri il guest checkout), sii trasparente sui costi fin dall’inizio (magari con un calcolatore di spedizione nel carrello), minimizza i campi da compilare nei form, mostra badge di sicurezza per aumentare la fiducia, dai evidenza alle recensioni dei clienti, ai partner bancari, proponi diversi metodi di pagamento popolari e assicurati che il sito sia performante soprattutto su mobile.

Tutte queste operazioni ridurranno significativamente il tasso di abbandono del carrello. Si possono sempre trovare ulteriori soluzioni personalizzate, come ad esempio i pagamenti rateizzati, particolarmente convenienti nel caso in cui il carrello medio sia molto alto. Lo abbiamo applicato nel B2B e registrato, insieme ad altre ottimizzazioni, un risultato del -9,5% del tasso di abbandono.

Misurare per migliorare

Non dimenticare di tracciare le metriche chiave. Monitora il tuo tasso di abbandono del carrello e, soprattutto, il tasso di recupero ottenuto grazie alle tue strategie (es. quante vendite sono state generate dalle email di recupero, qual è il ROAS delle campagne di retargeting?). Questi dati sono fondamentali per capire cosa funziona meglio nel tuo caso specifico e per ottimizzare continuamente le tue azioni.


L’abbandono del carrello è una realtà inevitabile dell’e-commerce, ma non una condanna. Comprendere perché i clienti abbandonano e implementare strategie mirate, in particolare l’email marketing automation e il retargeting, può trasformare una potenziale perdita in un’importante fonte di fatturato.

Abbiamo sperimentato l’efficacia dell’ottimizzazione del checkout con un nostro cliente. Nel complesso, abbiamo generato un aumento delle conversioni del +65%. E questo, solo su mobile. Vuoi sapere come abbiamo fatto? Te lo spieghiamo qui ⬇.

I risultati? Puoi leggerli nel nostro case study su Madò HoReCa

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